martedì 11 giugno 2013

Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi




Ho imparato che il mondo degli uomini così com'è oggi è una burocrazia. È una verità ovvia, certo, per quanto ignorarla provochi grandi sofferenze. Ma ho anche scoperto, nell'unico modo in cui un uomo impara sul serio le cose importanti, la vera dote richiesta per fare strada in una burocrazia. Per fare strada sul serio, dico: fai bene, distinguiti, servi. Ho scoperto la chiave. La chiave non è l'efficienza, o la rettitudine, o l'intuizione, o la saggezza. Non è l'astuzia politica, la capacità di relazione, la pura intelligenza, la lealtà, la lungimiranza o una qualsiasi delle qualità che il mondo burocratico chiama virtù e mette alla prova. La chiave è una certa capacità alla base di tutte queste qualità, più o meno come la capacità di respirare e pompare il sangue sta alla base di tutti i pensieri e le azioni. La chiave burocratica alla base di tutto è la capacità di avere a che fare con la noia. Di operare efficacemente in un ambiente che preclude tutto quanto è vitale e umano. Di respirare, per così dire, senz'aria. La chiave è la capacità, innata o acquisita, di trovare l'altra faccia della ripetizione meccanica, dell'inezia, dell'insignificante, del ripetitivo, dell'inutilmente complesso. Essere, in una parola, inannoiabile.”


Così scriveva David Foster Wallace nel Re Pallido.
Nella letteratura o nella cinematografia (più in generale nel'immaginario collettivo) il fantasma è, anche esteticamente la rappresentazione plastica della mancanza, dell'assenza. Il fantasma è etereo, incorporeo, il suo corpo intangibile non può essere toccato dai “viventi” (le virgolette le capirete dopo), la sua presenza è spesso quella dell'osservatore immobile. Nessuno spettro apparizione o fantasma propriamente detto può interagire con la materia sensibile poichè appartiene ad un mondo Oltre-il-nostro, nel quale non esiste la dimensione fisica, ma solo quella metafisica. Nella sua condizione il fantasma ,che appare in letteratura o nella fiction, è spesso legato ad un ruolo che a fare con la sua “vita” precedente: questioni irrisolte, vendette, oppure un ruolo pedagogico, da “angelo custode”, da consigliere sulle cose-della-vita. Non vi può essere apparizione spettrale senza una mancanza, una perdita. Che sia un argomento futile o profondo, il trauma da cui origine tale perdita, c'è un filo comune che lega tutte le apparizioni spettrali, la volontà di mettere le cose a posto, di farle funzionare, di riuscire a dare un senso alla vita anche dalla non-vita. In fondo ogni fantasma è un promemoria non-vivente del tempo mancante, della caducità della condizione umana e del disperato tentativo di colmare i vuoti di uno stile di vita sempre più alienante.
Oggi non si può fare un analisi semiseria e assolutamente gratuita sugli esseri spettrali senza guardare al nostro tempo, alla nostra realtà. Nella “vita” di oggi i corpi sono sfruttati continuamente, dalle condizioni di lavoro umilianti, ai centri-tempio del fitness; da chi usa i corpi come merce a chi vorrebbe dargli un valore esclusivamente economico. Sia ben chiaro che non esistono solo esempi negativi, c'è anche chi usa il proprio corpo per migliorare le proprie condizioni o quelle degli altri, chi lo usa per difendere qualcosa o qualcuno (anche quattro alberi in un parco storico), solo per citare alcuni esempi. Ma in pochi si concentrano sulla perdita, sulla mancanza. Ed ecco che oggi il fantasma che appare all'ignaro e savissimo protagonista, non è più un fatto soggettivo, che riguarda esclusivamente le storie personali dei soggetti in causa, oggi il fantasma non può esimersi dal ruolo di esempio, di monito, e ha sempre a che fare con l'alienzione della nostra specie. Nella sua temporalmente infinita non-vita il fantasma ci ricorda di cogliere ogni attimo, di viverlo fino in fondo. Nella sua incorporeità il fantasma ci ricorda di mettere in gioco anche i corpi oltre che le menti. Nel mondo dei socials l'apparizione spettrale ci ricorda (come faceva DFW) il paradosso del nostro tempo, fatto di persone continuamente online e profondamente disconnesse le une dalle altre.
La “vita” feticizzata in una delle sue declinazioni commerciali non appartiene più allo spettro, che libero dalla società dei soggetti catturati e degli oggetti posseduti, acquisisce una nuova prospettiva che, liberata dall'azione, si concentra sull'essenziale; cosa ci può essere di essenziale per un essere senziente ma non-vivo? Proprio quella vita che oggi, continuamente, derubrichiamo ad oggetto. Proprio quella vita che molti di noi oggi stanno perdendo guardando lo schermo colorato di uno smartphone, invece di guardare negli occhi la persona che hai davanti.